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L’Italia seguita a puntare sul fossile

Nonostante i buoni propositi della Cop26, e nonostante l'Italia sia uno dei paesi più vulnerabile al cambiamento climatico, il nostro paese continua a investire nei combustibili fossili.

Nonostante i buoni propositi della Cop26, e nonostante l’Italia sia uno dei paesi più vulnerabile al cambiamento climatico, il nostro paese continua a investire nei combustibili fossili.

Articolo tratto da: https://www.unimondo.org/Notizie/L-Italia-seguita-a-puntare-sul-fossile-237952

Glasgow è lontana e avvolta dalle nebbie. Meno di un anno e mezzo fa, in occasione della Cop 26 sui cambiamenti climatici, l’agenzia di credito all’esportazione controllata dal Ministero dell’economia attraverso la Cassa Depositi e Presiti (Sace), si decise a prendere alcuni impegni sulla riduzione dei danni provocati dai cambiamenti climatici. Dal sesto rapporto del gruppo di scienziati che monitora la situazione per conto dell’Onu viene alla luce che l’Italia è uno dei paesi più vulnerabili ma il suo governo, così come i precedenti, continua a far finanziare l’energia fossile infischiandosene altamente delle promesse fatte e di quel che dice l’Onu. Sace è al sesto posto globale, e al primo in Europa, tra i finanziatori pubblici dell’industria fossile.

Il governo italiano e la sua agenzia di credito all’esportazione SACE si rimangiano gli impegni presi alla COP26 di Glasgow: continueranno a finanziare progetti di carbone, petrolio e gas all’estero almeno fino al 2028.

Le politiche di implementazione dell’Italia sono le più inadeguate tra quelle adottate fino a questo momento. Un pessimo segnale, che è arrivato nei giorni in cui il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico ha pubblicato la sintesi finale del sesto rapporto sulla crisi climatica, da cui emerge che l’Italia è tra i paesi più vulnerabili. Lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, afferma la necessità di cessare “ogni licenza o finanziamento di nuovi impianti petroliferi e di gas”, proprio il contrario di quanto sta facendo SACE.

A novembre 2021, in occasione della Conferenza sul clima di Glasgow, 34 paesi e cinque istituzioni finanziarie pubbliche hanno firmato un impegno congiunto (“Dichiarazione di Glasgow”) per porre fine a nuovi finanziamenti pubblici internazionali ai combustibili fossili entro il 31 dicembre 2022.

L’Italia, che condivideva con il Regno Unito la presidenza della COP26, aderì solo all’ultimo minuto alla Dichiarazione di Glasgow.

Per comprendere la portata dei sussidi italiani al comparto estrattivo, vale la pena ricordare che SACE, controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, si colloca al sesto posto globale e al primo in Europa tra i finanziatori pubblici dell’industria fossile. Tra il 2016 e il 2021, SACE ha emesso garanzie (assicurazioni sui progetti o garanzie sui prestiti per la realizzazione dei progetti) per i settori del petrolio e del gas pari a 13,7 miliardi di euro, che rappresentano una fetta importante dei cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi” italiani.

Per quanto la Dichiarazione di Glasgow possa considerarsi un passaggio chiave nella lotta alla crisi climatica, si tratta pur sempre di un impegno volontario e su base nazionale, comprese le sue politiche di implementazione. Sette tra i principali paesi sostenitori dell’industria fossile attraverso soldi pubblici hanno adottato politiche che rispettano ampiamente la promessa fatta a Glasgow: Regno Unito, Francia, Canada, Finlandia, Svezia, Danimarca e Nuova Zelanda. Altri, come Paesi Bassi, Spagna e Belgio, hanno implementato la Dichiarazione con politiche deboli, che lasciano ampi margini di supporto finanziario ai settori del petrolio e del gas.

Come ReCommon denunciava già a novembre 2021, l’iniziativa era lungi dall’essere perfetta, con una serie di scappatoie che avrebbero fatto gola al Sistema-Italia, che si basa sul triangolo finanza privata-industria fossile-finanza pubblica. Così è puntualmente avvenuto…

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