Prova a sbucciare la lattuga!
Cosa succederebbe se mangiassimo le bucce di frutta e verdura? Apparentemente avremmo solo da guadagnarci. È quello che sostiene Lisa Casali, scienziata ambientale, blogger e scrittrice, nel suo ultimo libro.
“Prova a sbucciare la lattuga o il radicchio!”. Con questa provocazione dello chef Franco Alberti si conclude l’incontro con Lisa Casali e Franca Braga di Altroconsumo, presentato all’interno della rassegna online di “Fa’ la cosa giusta – Milano” lo scorso 21 novembre (lo trovate registrato qui). Dalla loro collaborazione è uscito per Gribaudo “Il grande libro delle bucce” (2020), dove si spiegano i vantaggi di utilizzare frutta e verdura nella loro interezza.

La tradizione culinaria francese e quella italiana spesso prevedono che le carni si cucinino intere, in modo da ottenere la perfetta tenerezza e mantenere i succhi in cottura. Anche il detto “del maiale non si butta via niente”, tra i più celebri della cultura gastronomica contadina, suggerisce di evitare gli sprechi. Eppure, con le verdure, non siamo abituati a fare così: sbucciamo le mele, priviamo il sedano delle foglie, non serviamo in tavola il torsolo del cavolfiore. È proprio il cavolfiore che lo chef Eyal Shani, giudice nella versione israeliana di Masterchef, suggerisce invece di cucinare al forno per intero, foglie comprese.
Il buono degli scarti
Casali ci spiega come e perchè dovremmo cucinare anche le parti meno “nobili” delle verdure. I vantaggi più evidenti sono la riduzione dello spreco alimentare e il risparmio economico. Ma ciò che non ci aspetteremmo sono i sorprendenti risultati dal punto di vista nutrizionale che l’autrice fa emergere per mezzo della collaborazione con Altroconsumo. Dalle analisi di laboratorio, sia per quanto riguarda i prodotti convenzionali che per quelli biologici, è emerso che le parti comunemente scartate sono invece ricche di nutrienti e sostanze preziose per il nostro organismo. La scienziata riporta l’esempio delle foglie del sedano, che contengono il 465% di vitamina C, il 588% di polifenoli e il 15% di fibra in più rispetto al gambo. Solo questi dati costituiscono un buon incentivo per aggiungerle ad un’insalata.
Casali e Braga sono consapevoli che la preoccupazione del consumatore riguardi la presenza di pesticidi, ma le analisi dimostrano come questa possa ritenersi effettivamente fondata solo nel caso della buccia degli agrumi, rispetto alla quale si rileva una netta distinzione tra prodotti convenzionali e biologici.
Bucce nel piatto (e non nel cestino)
Ammessi tutti questi vantaggi, il libro spazia in gustose ricette per darci ispirazione su come sfruttare in toto frutta e verdura. La buccia della zucca ad esempio – se proprio non volete superare il pregiudizio di cucinarla assieme alla polpa, precisa Casati – si può presentare sotto forma di una crema più o meno densa, cucinandola con del brodo, per accompagnare dei flan o come base per una frittata. Per quanto riguarda la frutta, si prenda l’esempio della mela: la buccia contiene il 700% in più di vitamina C, un 68% in più di polifenoli e un 209% ulteriore di fibre. Nel libro allora si presentano ricette per utilizzare anche questa parte del frutto e suggerimenti su come recuperare mele appassite e torsoli. Tuttavia, il consiglio più facile da realizzare nella nostra quotidianità rimane lo stesso: ri-abituiamoci a non scartare le bucce, anche quando mangiamo il frutto crudo.
Quando guarderete alla vostra dispensa, dunque, tenete a mente il suggerimento dello chef Alberti: “pensate ai vostri ingredienti in modi in cui gli altri non ve li hanno mai presentati”. Ovvero, iniziate a preparare il vostro menù partendo da semi, filamenti e bucce. Ne beneficeranno taccuino, ambiente e salute.