Sogni giusti: Camilla, l’emporio di comunità
Un resoconto dell'incontro "Sogni Giusti" del 10 ottobre ad Arco, dedicato alla testimonianza di Camilla, l'emporio di comunità di Bologna

Il progetto Fa’ la cosa giusta! Trento non è solo online: da quest’anno la fiera diventa anche uno sportello itinerante, diffusa nel tempo e nello spazio, dai centri urbani alle valli. Il progetto promuove una serie di eventi sul territorio trentino per avvicinare e supportare tutte le cittadine e i cittadini che vogliano praticare il consumo critico e uno stile di vita sostenibile.
Una serie di otto incontri dal titolo “Sogni giusti” ha preceduto la fiera (quest’anno purtroppo solo in versione online), presentando tanti protagonisti dell’economia solidale. Il sesto appuntamento, tenutosi ad Arco, ha visto come protagonisti alcuni soci fondatori dell’emporio di comunità Camilla di Bologna.
L’incontro si è aperto con le analisi di Enzo Mescalchin, responsabile del Progetto Farina per la filiera corta del grano in Trentino. Dagli anni ’60 in poi, le monoculture di mele ed uva hanno preso il sopravvento sui cereali, che devono quindi essere importati. Ciò ha portato ad un aumento del prezzo del pane a fronte di una mediocre qualità: “Conosciamo il prezzo del prodotto,” afferma Mescalchin, “ma non il suo valore”. L’esigenza di coniugare l’alta qualità con il giusto prezzo sia per il produttore che per il consumatore è stata la molla verso la creazione di Progetto Farina. L’iniziativa ha messo in rete produttori, tecnici, panificatori e comunità di valle per la valorizzazione del prodotto locale e biologico.
Lo stesso spirito ha portato anche alla nascita di Camilla, sorta dalla fusione dell’Associazione Campi Aperti e del Gruppo di Acquisto Solidale Alchemilla a Bologna. Due dei soci fondatori, Sergio Adamo e Manuela Cappelli, hanno parlato dell’emporio come una comunità di persone fondata sull’attenzione al prodotto di qualità, biologico e soprattutto etico: rispettoso dell’ambiente e dei lavoratori, e il cui valore corrisponda al giusto prezzo che permetta il guadagno dei produttori e l’acquisto da parte dei soci consumatori. La “macchina emporio”, come l’ha chiamata Sergio, ha un valore sociale enorme: Camilla è completamente autogestito dai soci, i quali, dopo aver pagato una quota di adesione, partecipano all’attività commerciale facendo dei turni per far funzionare il negozio. In meno di tre ore al mese i soci si occupano della vendita e del magazzino, di ricaricare gli scaffali e consegnare i prodotti ai soci che acquistano, specializzandosi in una di queste attività per garantire a tutti la migliore esperienza di acquisto e di vendita.
“In questa maniera”, ha raccontato Manuela, “tutti sono responsabilizzati al massimo. E tutti hanno diritto di sapere ed essere critici” riguardo la gestione dell’emporio: perché ne sono parte integrante, e senza i soci Camilla non potrebbe esistere. Democrazia e partecipazione sono due valori su cui si fonda la vita quotidiana dell’emporio, di cui si discute incessantemente durante le assemblee e i momenti di autoformazione, ma anche durante la spesa. Secondo Manuela, “acquistare da Camilla è un atto sociale: non solo perché faccio qualcosa di ‘nobile’, ma anche perché mi permette di incontrare persone con cui discutere, di entrare in una comunità che rispetti la mia identità, per condividere ideali, pensieri e fare relazione”.
Questo vale tanto per i soci quanto per i produttori. Chiunque graviti attorno all’emporio si riconosce in una serie di valori comuni e si dà delle regole affinché le proprie azioni siano coerenti con essi. Tutti i soci, infatti, devono sottoscrivere la Carta dei Principi e degli Intenti (e i relativo Regolamento), in cui si attesta che l’emporio è uno spazio di economia solidale fondato sulla cooperazione, che promuove il consumo etico, la riduzione degli sprechi, l’autodeterminazione alimentare attraverso la qualità dei prodotti che rispetta l’ambiente e le persone. Dal canto loro i produttori, che possono essere soci o meno, devono attenersi alle linee guida sviluppate attraverso il Sistema di Garanzia Partecipata, messo a punto dai gruppi di lavoro dei soci di Camilla oppure da realtà già esistenti del commercio equo e solidale, come Campi Aperti, Fuorimercato e Equogarantito.
Manuela ha sottolineato che l’aspetto più importante della relazione con i produttori è il patto che si stipula tra loro e i soci dell’emporio. Il rispetto del patto garantisce, al di là dell’immediata convenienza economica, un clima di fiducia che premia i produttori con la fedeltà di acquisto dei soci, e garantisce ai soci di poter contare sui produttori in quanto a fornitura, prezzo e qualità. Attraverso il patto, Camilla si assicura, per esempio, di avere accesso ad alcuni prodotti importati tramite la filiera di altromercato, che altrimenti non potrebbe avere, e di poterli vendere senza sovrapprezzo. Inoltre aiuta l’emporio a lottare contro lo spreco e lo scarto, che è uno dei principali problemi quotidiani, soprattutto da quando l’assemblea ha scelto di trattare anche prodotti i prodotti freschi (latte, frutta, verdura) e la carne.
L’approdo a questa decisione non è stato facile: per un anno l’emporio non offriva la possibilità di acquistare carne, sia per la difficoltà di trattamento e conservazione del prodotto che per il gran numero di soci vegetariani o vegani. Alla fine l’assemblea dei soci ha scelto il compromesso di acquistare la carne su prenotazione e di creare liste separate dedicate agli onnivori e ai vegetariani (o vegani) per avvisarli della reperibilità dei prodotti da loro richiesti.
Un’altra questione di cui si continua a discutere è la questione dell’accessibilità dei prodotti dal punto di vista economico. Molti cibi sostenibili, infatti, hanno un costo superiore alla media della grande distribuzione, proprio per l’attenzione che riservano all’equità per tutta la filiera: questo fa sì che famiglie meno abbienti si trovino in difficoltà quando si tratta di acquistare in maniera equosolidale. Ma Camilla sta cercando di abbattere anche queste barriere attraverso un gruppo di lavoro che si sta occupando di creare un paniere adatto a tutte le tasche e con la proposta di prodotti frutto del compromesso tra sostenibilità ed accessibilità.
Questo è il modo di operare di Camilla: tanta volontà dei soci che nutrono questo progetto con la loro quota associativa, ma soprattutto con il loro tempo, le loro idee e le loro diverse capacità. Attraverso assemblee, gruppi di lavoro, discussioni e compromessi, l’emporio di comunità bolognese è diventato un vero e proprio modello di economia alternativa e solidale ed ha ispirato tante altre persone ad imbarcarsi in imprese simili. “Noi,” ha detto Sergio, “tentiamo tutti i giorni di fare la cosa giusta.”
Foto di Paulo Lima