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Cambia il clima, cambia l’agricoltura

Quali sono le soluzioni per rispondere ai cambiamenti climatici nel consumo e nella produzione agricola? Quale è l’impatto dei nostri comportamenti a livello globale e locale? Ne abbiamo parlato al primo Lunadì dell’Ortazzo.

Abbiamo partecipato al primo LunAdì della stagione 2021, organizzato dall’Ortazzo e co-promosso da Ecosportello Fa’ La Cosa Giusta. Ospiti Roberto Barbiero, climatologo, ed Elisabetta Foradori, celebre viticoltrice biodinamica con la figlia Myrtha Zierock, che si occupa di orticoltura ed agriturismo nell’azienda Foradori (https://www.agricolaforadori.com/storia/).

L’incontro è iniziato con le parole analitiche del professor Barbiero, che ha illustrato i tanti aspetti della crisi climatica che stiamo vivendo. Roberto Barbiero, fisico, è coordinatore provinciale del Tavolo di coordinamento e di azione per i cambiamenti climatici; si occupa di clima anche a livello nazionale ed europeo. Inizia la sua presentazione offrendoci una definizione che ci fa riflettere sul nostro impatto:

Il cambiamento climatico è il prodotto della relazione eccezionale che la società occidentale ha avuto con l’ambiente concependolo come comparto a sé, esterno all’essere umano.

Mauro Van Aken

Il climatologo continua spiegandoci nel particolare alcuni dati. A livello globale, è stato rilevato un aumento delle temperature (dati Copernicus), che ha mandato in crisi in particolare l’ecosistema degli oceani e la criosfera. Un altro effetto consiste nell’aumento della frequenza e dell’intensità di eventi meteorologici estremi, un esempio è stato Vaia in Trentino (noi vi abbiamo raccontato cosa sta succedendo in Perù in questo articolo). Si hanno effetti anche sugli ecosistemi e sulla biodiversità, sulle Alpi, sulla risorsa idrica e quindi sull’agricoltura. 

Le attività umane hanno avuto un ruolo sempre più importante con l’inizio dell’era industriale e il progressivo aumento della popolazione mondiale. Produciamo gas serra, anidride carbonica usando i combustibili fossili,  metano e biossido di azoto con agricoltura e allevamenti intensivi. Le emissioni derivanti dall’attività dell’uomo sono legate in particolare da due settori, variabilmente sui territori: energia e cibo. Sappiamo inoltre che dietro alla produzione alimentare si celano molti altri problemi, come quello del landgrabbing e del watergrabbing: la terra viene strappata dai locali per altri interessi legati alla produzione industriale alimentare, anche per gli animali.

Gli effetti nella nostra vita quotidiana sono da attribuirsi a cause più grandi di cui ci occupiamo troppo poco.

Quali sono le azioni da attuare per rimediare a questa situazione? A livello globale, spiega Barbiero, bisogna agire per ridurre le emissioni di gas serra, attraverso la mitigazione, ad esempio usando energia pulita e promuovendo i trasporti sostenibili. A livello locale, bisogna attuare il cosiddetto “adattamento”, che consiste in azioni per gestire i rischi degli impatti, ad esempio migliorando le infrastrutture. A livello istituzionale, per affrontare il problema dei cambiamenti climatici tutti i Paesi del mondo si ritrovano ogni anno a discutere alla Conferenza delle Parti COP, corpo decisionale supremo dell’UNFCCC. Nel 2015 in questa sede è stato stilato il noto Accordo sul Clima di Parigi, tuttavia rispetto agli impegni presi pochi passi sono stati fatti. A livello europeo, l’obiettivo è quello di rendere l’Europa climaticamente neutra (emissioni nette zero di gas a effetto serra) entro il 2050, attraverso l’European Green Deal. Scendendo a livello territoriale, anche il Trentino si è impegnato a redigere una strategia provinciale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, occupandosi di adattare ad esempio aspetti come il turismo, importante per il nostro territorio. 

Roberto conclude sostenendo che non si possa contare solo sulla “pedagogia delle catastrofi”. Continua: “non possiamo pensare a cambiamenti solo nel momento in cui subiamo eventi estremi, in quel momento forse è troppo tardi. Oggi abbiamo molte conoscenze, la strategia vincente sarà quella di potersi preparare”. Sotto questo punto di vista, assume grande importanza anche il comportamento dei consumatori che, se informati, possono dirigere la produzione.

Questo aspetto è stato approfondito anche dall’intervento di Myrtha Zierock: “se smettessimo di chiedere le fragole a dicembre, la grande distribuzione smetterebbe di produrle”. L’orticoltrice fa notare un aspetto in particolare: molti non hanno tempo di selezionare i loro acquisti, quindi ritengono che ciò che offre il supermercato sia corretto per la sua alimentazione e implicitamente anche per l’ambiente. È sull’informazione dei consumatori che bisogna intervenire, e una soluzione è offerta dal rapporto diretto tra consumatori/mangiatori e produttori.

L’azienda Foradori a Mezzolombardo è riuscita ad instaurare un rapporto tra agricoltore e consumatore in piccola scala, in espansione con il progetto che si sta sviluppando alle pendici del Monte Baldo. Myrtha cerca di raccontare quella che definisce la “favola degli ortaggi” ai suoi clienti, per fare in modo che chi li acquista comprenda che essi hanno un valore che viene dimenticato, a differenza di quanto accade per il vino, altro prodotto dell’azienda e che notoriamente gode di maggiore “rispetto”. L’obiettivo, secondo Zierock, è quello di “far crescere la consapevolezza che tutti abbiamo una forza di influenza quando si tratta di scegliere cosa vogliamo mangiare”. In questo senso si sono sviluppate le CSA (Comunità di supporto all’agricoltura): il produttore propone un abbonamento stagionale alla sua comunità, solitamente vicina a lui, e chiede un supporto economico per iniziare la stagione. In seguito, i “mangiatori” si possono recare nei campi per visitarli, possono suggerire varietà, creando un forte legame tra le due parti. Si genera in questo modo una maggiore fiducia nei confronti dell’agricoltore, si crea una comunità attorno al cibo offrendo il proprio aiuto e le eventuali competenze necessarie al di là dell’aspetto finanziario. 

Ma l’attitudine a ridurre l’impatto sulla terra dell’agricoltura è stato in primis avviato da Elisabetta Foradori, nota come la “regina del Teroldego” e pioniera del metodo biodinamico. Elisabetta ha raccontato poeticamente fatti concreti, relativi all’assunzione della consapevolezza con cui si è resa conto che doveva cambiare qualcosa nella cura delle vigne dell’Azienda di cui si occupa, specializzata in viticoltura. Ci racconta che non si trovava più nella monocoltura, in quella tecnica che esclude il contadino dalla sua indipendenza e dalla creatività, che rende la pianta assente e distaccata dal ciclo naturale. Il metodo biodinamico, aggiunge, ha cambiato il suo modo di essere agricoltrice ma anche il suo privato. 

Il metodo biodinamico ha fatto in modo che la pianta si rafforzasse e potesse adattarsi anche ai cambiamenti climatici in corso: “le piante sono più in contatto con la vita e auto-guariscono”, spiega Elisabetta, e continua “la pianta è più reattiva e più cosciente, recepisce e non subisce, metabolizza anche caldo o pioggia eccessivi”. Precisa poi Foradori: “l’agricoltore nella monocoltura è sempre a rischio e quel tipo di agricoltura è destinato a scomparire. L’agricoltura non è natura, è una trasformazione fatta dall’uomo; il bosco, invece, è natura, con centinaia di specie diverse che convivono e permettono di mantenere lontane molte malattie, si tratta di una “comunità di piante che si parlano”. È diverso il caso fra tutti delle mele in Val di Non, dove esistono debolezze intrinseche derivanti dalla monocoltura e che rendono l’agricoltore succube dai prodotti per curare le piante e dall’industria in generale in quanto deve produrre ingenti quantità. 

Elisabetta Foradori racconta l’esperienza che sta avviando ai piedi del Monte Baldo, dove sta cercando di far nascere un’azienda a ciclo chiuso che sia orticola, viticola e zootecnica. Assieme ai collaboratori, si cerca di prendere l’acqua da ogni fonte, senza sprecare quella raccolta dai tetti, si piantano alberi e vengono mantenuti terrazzamenti evitando la monocoltura, si cerca di produrre in loco i semi, in modo tale che siano più forti.

Concludiamo con la riflessione dell’agricoltrice biodinamica: “l’agricoltore cosciente è l’agricoltore orgoglioso del proprio lavoro, ascoltante e vedente, che percepisce il luogo. Ascolta, vede, osserva e reagisce”. Potete recuperare la registrazione dell’incontro sulla pagina Facebook dell’Ortazzo. L’appuntamento è per oggi lunedì 22 marzo su Zoom, in collaborazione con Taiapaia e Slow Cinema, sul tema della transizione ecologica nei nostri territori. 

L’evento è stato promosso nell’ambito del progetto Ecosportello Fa’ la cosa giusta, co-finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dal Servizio Politiche Sociali della Provincia Autonoma di Trento.

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