Fashion Revolution Week
L’industria della moda per come è pensata oggi è insostenibile a livello ambientale e sociale. I consumatori possono e devono agire, secondo Fashion Revolution, in occasione della settimana istituita in ricordo delle vittime del crollo di Rana Plaza.

Fashion Revolution è il movimento di attivisti nella moda più grande al mondo, formatosi dopo il crollo della fabbrica Rana Plaza in Bangladesh nel 2013, che uccise oltre 1.100 persone. Fashion Revolution crede in una moda globale che conserva e preserva il pianeta e valuta le persone al di là della crescita e del profitto. Per raggiungere questo obiettivo, Fashion Revolution conduce una ricerca che porta alla luce le pratiche e gli impatti dell’industria, evidenzia dove i brand e i venditori si stanno muovendo troppo lentamente e incentiva e promuove la trasparenza e la presa di responsabilità nella catena di approvvigionamento. Il tema della Fashion Revolution Week 2021 è “Diritti, Relazioni e Rivoluzione”. I diritti umani e i diritti della natura sono interconnessi e interdipendenti, abbiamo bisogno di una rivoluzione nella nostra relazione l’uno con l’altro, all’interno della catena di produzione dei vestiti, e nella relazione con il pianeta naturale, per la nostra prosperità e il nostro benessere e per la salute della nostra terra e dei nostri oceani.
Perché e come devono agire i consumatori
Durante la Fashion Revolution Week 2021 (dal 19 al 25 aprile), Fashion Revolution ha lanciato una campagna pubblica per ottenere una più ampia trasparenza dietro alla prima fase della catena di produzione, dove milioni di persone lavorano spesso in condizioni di povertà per produrre i vestiti che indossiamo. Fashion Revolution incoraggia i consumatori a chiedere a più di 60 brand famosi: #WhoMadeMyFabric?, quindi di pubblicare e rendere reperibili le loro strutture di produzione nella catena globale. I consumatori possono essere coinvolti nella campagna nei seguenti modi:
- Mandando direttamente un’e-mail ai brand usando il template di Fashion Revolution e chiedendo una maggiore trasparenza all’inizio della filiera produttiva
- Taggando i brand sui canali social per chiedere #WhoMadeMyFabric e per una maggiore trasparenza
- Lasciando una recensione sulle pagine dei prodotti dei brand.
I brand sono sensibili alle recensioni dei consumatori, quindi questo potrebbe essere un modo efficace per ottenere la loro attenzione. Una mancanza di visibilità della catena di produzione può permettere condizioni di lavoro poco sicure e di sfruttamento e aumentare i danni a livello climatico, mentre si oscurano i responsabili di tali questioni. Per anni ci sono stati numerosi report di abusi rispetto ai diritti umani e dei lavoratori nelle fabbriche di vestiti. Un esempio recente riguarda le indagini sul lavoro forzato della popolazione Uighur per produrre cotone e tessile nella regione autonoma Xinjiang Uygur in Cina. In un altro esempio, ragazze adolescenti e giovani donne che lavoravano nella stessa fabbrica a Tamil Nadu, nell’India del sud, hanno riportato di aver lavorato contro la loro volontà per un eccessivo numero di ore, di aver subito violenza sessuale, di aver ricevuto una limitazione del proprio movimento e di essere state pagate con un salario molto basso.
Rendere pubblica la catena di approvvigionamento sarebbe utile per permettere ai sostenitori dei diritti dei lavoratori di riportare abusi sospetti e di farlo in collaborazione con i brand e i rivenditori che sarebbero rintracciabili. Questa visibilità sarebbe utile anche per brand e rivenditori perché permetterebbe loro di tracciare meglio e gestire meglio i rischi sociali e ambientali che riguardano i loro business. Per i consumatori, questo permetterebbe di rispondere alla domanda #WhoMadeMyFabric? Unisciti a Fashion Revolution!