“Rewa Rewa Station” dalla Nuova Zelanda al Trentino
Patrizia Vieno viene da Trento, e dal 2011 abita nell’Isola del Nord della Nuova Zelanda, in un paesino che si chiama Tinui. Lì gestisce una fattoria che si chiama Rewa Rewa Station, dal nome di una pianta tipica del Paese. La fattoria è conosciuta per le “pecore colorate” e per la sua lana di qualità

Rewa Rewa Station si trova a Tinui, un piccolo paesino a 40 chilometri da Masterton, nel sud dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda. A rivitalizzare questo luogo, un tempo abitato da alcuni tosatori di pecore, è stata la trentina Patrizia Vieno, che si è trasferita in Nuova Zelanda nel 2011, assieme al suo compagno, Rod. Rewa Rewa Station si chiama così perché, come ci racconta Patrizia, “un tempo in questa fattoria c’erano molti alberi Rewarewa, tipici della Nuova Zelanda, anche se adesso nel campo ce n’è solo uno”. Il logo attuale della fattoria è proprio il fiore che nasce da questa pianta, con il suo colore rosso fuoco.

Le “pecore colorate” di Rewa Rewa Station: Polwarth, un incrocio tra Romney e Corriedale e Gotland
Rewa Rewa Station ospita una fattoria più piccola che si inserisce in una fattoria più grande, oltre che un farmstay accomodation, un appartamento che può ospitare 6 persone. La “fattoria piccola” consiste in un gregge di pecore colorate: un incrocio tra Romney e Corriedale, Polwarth e Gotland, con colori che vanno dal marrone chiaro al marrone scuro, passando per diverse tipologie di grigio. Prima di arrivare in Nuova Zelanda, Patrizia Vieno non si era mai sperimentata in questo campo. “Ho vissuto per una quindicina d’anni in Inghilterra, dove sono arrivata per studiare Interior Design all’Università di Londra”, racconta Patrizia, che ha vissuto a Trento fino agli anni delle superiori. “Il mio compagno, che è inglese, aveva avuto una fattoria e mi ha detto che gli sarebbe piaciuto molto gestirne un’altra. Siamo arrivati in Nuova Zelanda come turisti, ma ce ne siamo innamorati e abbiamo deciso di trasferirci qui. Sei mesi dopo il trasferimento, abbiamo comprato la fattoria di Rewa Rewa Station, un nome che abbiamo ereditato dalle persone che erano qui prima di noi, dei tosatori di pecore. Avevo detto al mio compagno che mi sarei trasferita in Nuova Zelanda solo se avessi avuto una stanza per dedicarmi all’arte e se avessi potuto imparare a filare”. E così è stato, perché Patrizia ha conosciuto una signora che allevava alcune delle pecore colorate che adesso gestisce lei. “La considero la mia mamma adottiva della Nuova Zelanda – dice – perché, quando sono andata a Masterton, la città più vicina a Tinui, è stata lei che mi ha insegnato a filare. Ho partecipato a un corso assieme ad altre 80 persone. Da lì è nata la mia passione e, quando questa signora è andata in pensione, ho comprato un po’ delle sue pecore, che lei aveva già selezionato a seconda della lana migliore”.

La lavorazione della lana: “Ogni vello è separato dall’altro”
Oltre a filare la lana, Patrizia ha cominciato a realizzare anche altri prodotti: per esempio, usa la lana per rivestire il sapone e crea le palline che si usano per l’asciugatrice. “Vendo la lana cardata, grossa e fina – dice -, e faccio anche dei lavori a maglia”. Il modo di lavorare la lana di Patrizia è molto particolare, tanto che è stato notato da Claudia Comar, storica partecipante della Fiera Fa’ la cosa giusta! Trento. “Quando toso, ogni livello viene tenuto separato – racconta – e poi viene lavato da un’artigiana. E i velli, quando tornano da me, sono ancora tutti divisi, ognuno con la propria identità”.
Patrizia Vieno ha conosciuto Claudia Comar in occasione del meeting internazionale della “Black and Coloured Sheep Breeders Association” di Biella. “Ogni quattro anni, quest’associazione fa un congresso internazionale in una città diversa”, spiega. “Il prossimo dovrebbe essere in Nuova Zelanda, se il Covid lo permetterà. Sta di fatto che è stato creato un gruppo WhatsApp per il congresso di Biella, e che Claudia si è messa in contatto con me proprio attraverso questo gruppo. Era interessata a ciò che faccio e a come lo faccio. Quando sono andata a Biella, quindi, ho preso con me due grandi valige, le più grandi che avevo, e le ho riempite di lana cardata, da filare. Le ha comprate quasi tutte Claudia, e ancora oggi mi chiede spesso di inviarle altra lana”.

I “craft day” che, una volta al mese, riuniscono gli appassionati di lana a Rewa Rewa Station
“Ci troviamo una volta al mese in negozio, qui a Rewa Rewa Station – racconta Patrizia -, per il ‘craft day’, una giornata nella quale le persone si presentano con il loro progetto e lo portano avanti: c’è chi fila, chi lavora a maglia e chi osserva e muove i primi passi, non essendo esperto di quest’arte”. Oltre alle pecore, nella “piccola fattoria” ci sono anche degli alpaca, le capre d’Angora e le capre Cashmere. “Nella fattoria più grande – aggiunge Patrizia – ho 3500 pecore Romney, che sono completamente bianche, e 140 mucche Angus. Con la lana degli agnelli delle pecore Romney ho deciso di fare delle coperte, che sono state lavate e filate con il telaio”. La vendita online “internazionale” della lana non ha funzionato molto, quindi Patrizia punta soprattutto sull’attività in negozio e sulla vendita attraverso il sito ma in Nuova Zelanda. “È difficile apprezzare la lana se non puoi toccarla – spiega – quindi, fatta eccezione per Claudia Comar, la mia lana ha avuto poco successo all’estero. C’è anche il problema del costo delle spedizioni”.

Un modo di vivere diverso e più lento: “Il supermercato più vicino è a 45 minuti di macchina”
“Le persone, qui, hanno più tempo”, spiega Patrizia Vieno parlando invece della vita in Nuova Zelanda. “Per certe cose è come tornare indietro nel tempo di vent’anni, perché non si va così di corsa come in Italia. Qui ho mille ettari di terreno, e assieme a me ci sono altre tre persone. C’è molto spazio, è veramente tutto un altro modo di vivere. Tinui, il paese dove mi trovo, ha una scuola, una chiesa e un pub. Questo è tutto quel che c’è. Il supermercato più vicino è a Masterton, a 45 minuti di macchina. Bisogna organizzarsi in tutt’altro modo rispetto all’Italia e a Londra”.
