Per una società della cura
C’è chi in questa crisi ha visto l’occasione per un vero e reale cambio di paradigma e si è impegnato collettivamente in questo senso. Abbiamo intervistato Monica Di Sisto, tra le sostenitrici del Manifesto per la società della cura.
Nel periodo di passaggio tra il primo piano di ripresa economica dell’Italia dalla crisi pandemica e le prime consultazioni del governo Conte, inizia a svilupparsi l’idea di un paradigma diverso, non orientato al profitto, ma alla cura. Così nasce il cosiddetto Manifesto per la società della cura con l’obiettivo di “non sprecare le lezioni della pandemia, affrontare il collasso climatico e l’ingiustizia sociale”. In questa intervista, ne abbiamo parlato con Monica Di Sisto, giornalista e advocacy senior consultant nei temi del commercio globale e dell’economia internazionale, vice-presidenta di Fairwatch, tra i 1400 aderenti al manifesto.

Società della cura
Il paradigma della cura, spiega Di Sisto, è qualcosa su cui riflettono le ecofemministe da molto tempo. Per promuovere questo paradigma, si è unita una rete di cittadini e di associazioni, con un expertise sui temi dell’agricoltura tramite i movimenti contadini, movimenti come Fridays for Future ed Extinction Rebellion, ONG, rete dell’economia solidale, gruppi territoriali soprattutto del sud che si occupano di migranti, associazioni che lavorano con persone svantaggiate, organizzazioni che si occupano di finanza e commercio, ma anche di cultura. Tutti questi diversi interessi si sono trovati a partire dal lockdown, inizialmente online, uniti dalla volontà di avanzare una proposta unita sotto il paradigma della cura, che, precisa la giornalista “è un’idea generale di società, non una semplice campagna. Siamo uniti dall’idea di voler curare noi stessi, il prossimo, il pianeta e i territori”. La volontà comune è quella di uscire da questa crisi in un modo diverso dalle precedenti.
Bisogna agire collettivamente
“Il consumo critico, il voto con il portafoglio, hanno avuto il merito di aver riconosciuto i produttori, sono stati fondamentali. Ma questa è la base, una pratica che dovrebbe essere imparata a scuola. Il punto è che se non cambiano le regole che ci amministrano e di cui siamo parte attiva come cittadini, noi potremmo vivere in un mondo in cui non abbiamo scelta”, precisa la giornalista. Di Sisto ha confermato la necessità di un’azione collettiva e di forme di advocacy, non limitate al privato. Continua: “il voto con il portafoglio funziona solo se tu ce l’hai. Ma noi siamo in una traiettoria economica che prevede l’allargamento di una classe sociale medio- povera globale”. Nel mondo globalizzato e interdipendente, caratterizzato dalla vulnerabilità e fragile a livello ecologico, non possiamo pensare che potremmo per sempre godere di certi privilegi. E per chi rientra nelle classi sociali che hanno bisogno di un aiuto, ha precisato, le risposte di welfare di mercato talvolta non ce la fanno ad essere sufficienti, come dimostrano i ristori che stiamo ricevendo ora dopo un anno. “Dobbiamo avere un sistema di scelte a partire dall’autorganizzazione. L’organizzazione serve per capire insieme quali sono le regole che non ci servono e quali quelle che ci servono. In questo momento non ci servono le risposte dei libri, ma quelle che provengono insieme da esperti e dal sapere della comunità e delle organizzazioni che da anni lavorano nei campi di cui si occupano”.
Il Recovery PlanET
“Davanti a un processo opaco e complicato, abbiamo cercato di capire cosa fare. Abbiamo messo al lavoro i più esperti di noi per capire cosa stessero facendo le istituzioni, per capire come intervenire utilizzando forme di advocacy. Non ci siamo sentiti al di fuori e incapaci di agire in questo processo, abbiamo cercato di capire cosa fare costituendo dei gruppi su 14 assi, gli stessi su cui stava lavorando il Recovery Plan.” Nasce così il Recovery PlanET, il piano nazionale di transizione verso la società della cura, come alternativa al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del governo. Si propone dunque un nuovo paradigma, quello della cura, arrivando all’elaborazione di una serie di testi che mettessero al servizio dello spazio pubblico la conoscenza di tutti gli anni di lavoro delle persone e delle organizzazioni. “Anche se complesso, abbiamo lavorato in modo orizzontale fino a produrre una sintesi con due particolari attenzioni: la priorità ecologica, trasversale a tutti gli assi di lavoro, e il tema femminista, dato che abbiamo compreso che anche nel caso dell’emergenza Covid l’assenza di una prospettiva di genere ha gravato sulla gestione da parte delle istituzioni”, spiega Di Sisto.
Ora i sostenitori del manifesto passeranno per Genova per ricordare il ventennio dal G8, e da lì costruiranno le nuove azioni per il prossimo autunno. Se vuoi unirti o saperne di più, visita il sito o scrivi a societadellacura@gmail.com. Come ha tenuto a concludere Monica Di Sisto, “in questo momento, una persona in più che si attiva fa la differenza, anche che faccia qualcosa di piccolo, è fondamentale come esercizio democratico, perché si senta parte di qualcosa di più grande.
