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“Scommettiamo sulle energie rinnovabili”

Il conflitto in Ucraina ci ha messo di fronte a un dato di fatto: siamo dipendenti dal gas russo, e questo ci rende ricattabili. Ne abbiamo parlato con Luca Pardi dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del CNR di Pisa: “Dobbiamo smettere di coprire quasi tutti i nostri consumi con i combustibili fossili”.

Luca Pardi del CNR: “Il conflitto sia un’occasione per smettere di coprire quasi tutti i nostri consumi con i combustili fossili”

“La guerra in Ucraina ci ha dimostrato che la dipendenza dal gas russo è un problema, perché ci rende ricattabili dalla Federazione Russa. Il conflitto in corso, quindi, dovrebbe essere un’occasione per smettere di coprire quasi tutti i nostri consumi con i combustibili fossili, che sono risorse non rinnovabili con una grande quantità di effetti collaterali, in particolar modo ambientali”. È il momento di “prendere la palla al balzo”, quindi, secondo Luca Pardi dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del CNR di Pisa, chimico ed ex presidente di Aspo Italia (Associazione per lo Studio del Picco di Petrolio). “Si tratta – aggiunge Pardi – di sviluppare un’infrastruttura che negli anni scorsi abbiamo avviato appena, perché al momento stiamo coprendo una parte infinitesimale dei nostri consumi con le energie rinnovabili: c’è molto lavoro da fare ancora”.

Luca Pardi dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del CNR di Pisa ed ex presidente di ASPO Italia

Le energie rinnovabili sono “diffuse”: “Si perderebbe la concentrazione di risorse che, da oltre un secolo, ha causato molti conflitti”

Le risorse rinnovabili, rispetto alle fossili, hanno un vantaggio. “Sono diffuse, quindi sono presenti un po’ dappertutto”, spiega Pardi. Certo ci sono poi delle specificità a seconda della zona. “L’Italia è sicuramente il Paese del sole, con il fotovoltaico che dovrebbe essere la risorsa principe. Questo crea qualche problema legato all’intermittenza del sole, che comunque può essere bilanciata da una percentuale importante di energia eolica, la quale ovviamente non è caratterizzata da questa intermittenza, dato che il vento può spirare a tutte le ore del giorno”.

La transizione energetica, cioè il passaggio da una società dipendente dai combustibili fossili ad una in cui si è dipendenti dalle rinnovabili, secondo Luca Pardi “si deve affrontare subito”. “L’idea del gruppo di persone con cui lavoro – dice – è che si debba cercare di realizzare un programma energetico nazionale, o meglio ancora europeo, che arrivi ad essere totalmente rinnovabile o quasi entro il 2050. Si tratterebbe quindi di installare ogni anno tra i 10 e i 30 gigawatt di potenza rinnovabile e di programmare un adeguato sistema di accumulo dell’energia, in modo tale che quella prodotta in estate possa essere utilizzata anche d’inverno grazie un sistema di accumuli chimici”.

Il fatto di essere “risorse diffuse”, poi, potrebbe essere un ulteriore punto a vantaggio delle rinnovabili: “Nessuno andrebbe a rubare il vento dei danesi – spiega Pardi -, non si tratta di pozzi petroliferi. Si perderebbe così quella concentrazione di risorse che da oltre un secolo ha causato molti conflitti, basti pensare al ruolo che hanno giocato il controllo del Medioriente durante la Prima guerra mondiale, ai rifornimenti di petrolio nel sud-est asiatico che hanno causato l’entrata in guerra degli Stati Uniti durante il Secondo conflitto mondiale o, più di recente, alla Guerra del Golfo”.

Scommettere sulle rinnovabili non significa scegliere l’autarchia: “Forse è utopia, ma l’energia si può scambiare”

“Le fonti rinnovabili non devono rappresentare per forza il cammino verso una sorta di ‘nuova autarchia’ – precisa Luca Pardi -, perché si possono creare le condizioni per lo scambio di energia tra comunità. Si può scambiare energia, per esempio tra il Nord Africa e il Nord Europa, e quindi tra energia solare ed energia eolica”. Sono progetti che, anche se “utopici” da un punto di vista politico, tecnicamente sarebbero fattibili. “In un mondo che vive di rinnovabili – spiega Pardi – le aree geografiche dell’est durante il giorno possono alimentare le aree geografiche dell’ovest, dove è calata la notte: Asia e Oceania alimentano Europa e Africa durante il giorno, che a loro volta alimenteranno poi le Americhe, le quali, infine, alimentano a loro volta Asia e Oceania. È una soluzione utopica, ovviamente, ma dal punto di vista tecnico le condizioni ci sono. Realizzare delle linee elettriche transcontinentali è assolutamente possibile a costi affrontabili”.

Aspo e il “picco del petrolio”: “Qualche settimana del nostro consumo di petrolio attuale corrisponde a tutto il consumo di petrolio dell’Ottocento”

Aspo Italia è nata attorno al 2003-2004 dopo un incontro con Colin Campbell, fondatore dell’associazione internazionale, che studia il picco del petrolio, cioè il momento in cui la produzione petrolifera di una regione, di una nazione o del mondo dovrebbe raggiungere il suo massimo. “Sin dall’inizio Aspo cercò di mettere in allerta politici, associazioni e cittadini sul picco del petrolio – racconta Pardi, che ne è stato per anni presidente e ora è membro attivo -, ma anche sulla necessità della transizione alle fonti rinnovabili”. Non tutte le sezioni Aspo, però, si occupano anche della transizione energetica. “Molto spesso sono scettiche sul fatto che, senza fossili, sia possibile sviluppare le fonti rinnovabili – conclude Pardi -. Se si studia come si è sviluppato il flusso energetico globale, infatti, si vede come, dall’inizio della rivoluzione industriale, nessuna risorsa ne abbia mai sostituita un’altra. L’unica fonte energetica che è stata sostituita è quella fornita dalla forza muscolare di uomini e animali, che sono stati sostituiti dalle macchine. Tutte le altre fonti energetiche si sono sommate l’una all’altra. In quest’ottica, anche le rinnovabili si sarebbero aggiunte alle fossili”. Ma proprio questa è la sfida attuale: si deve riuscire a sostituire le fossili con le rinnovabili senza aumentare i consumi.

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