Dal recupero della lana alle app a km0: alcune storie di Valsugana sostenibile e solidale
Abbiamo intervistato alcune espositrici presenti alla fiera “Valsugana sostenibile e solidale”, che si è svolta domenica 7 maggio al PalaLevico con il coordinamento de L’Ortazzo. Ecco le loro storie
Abbiamo intervistato alcune espositrici presenti alla fiera “Valsugana sostenibile e solidale”, che si è svolta domenica 7 maggio al PalaLevico con il coordinamento de L’Ortazzo. Ecco le loro storie.
di Marianna Malpaga
Al PalaLevico, domenica 7 maggio erano presenti più di 90 espositori, che hanno raccontato le loro storie alle oltre 4 mila persone che hanno scelto di prendere parte alla fiera coordinata da L’Ortazzo. Abbiamo raccolto le storie di quattro espositrici.

Barbara Pisetta è titolare dell’agriturismo Klopfhof, che si trova a Fierozzo. Assieme ad altre quattro persone ha dato vita a un comitato, Bollait, che recupera la lana degli allevatori, la quale viene lavorata e filata in Austria. “Siamo tutte persone appassionate di lana, e da sempre abbiamo pensato che fosse una cosa ridicola che gli allevatori la buttassero via”, racconta Pisetta. “Quindi abbiamo iniziato a recuperarla nel 2016. Finora abbiamo fatto tre raccolte, riuscendo a recuperare 6 mila chili di lana: mille chili il primo anno, duemila il secondo e tremila il terzo. Ci siamo fermati un attimo a causa del Covid, ma adesso stiamo riprendendo”.
Quando la incontriamo, Pisetta sta filando la lana. Oltre a recuperarla, le piace anche lavorarla. “Ho cominciato ad allevare animali nel 2008”, spiega la titolare di Klopfhof. “Dopodiché ho iniziato a tosare la lana delle mie pecore, sempre perché non volevo buttarla via. Piano piano mi sono appassionata alla filatura manuale e alla tintura naturale, e ho cominciato ad occuparmi di produzioni artigianali di maglieria”.

Presente in fiera anche l’app “KmZero.io”, nata in Trentino verso la fine del 2022 per promuovere le piccole imprese. “All’interno dell’applicazione, il consumatore può vedere una lista dei prodotti e dei produttori, una ventina finora, e quasi tutti provenienti dal Trentino”, spiega Daniela Fellin, tirocinante. “Quando il cliente decide di acquistare un prodotto, fa l’ordine e poi va direttamente dal produttore a ritirarlo. L’idea nasce da Matteo Rossaro per promuovere le imprese più piccole e la filiera a chilometro zero”.

All’interno del PalaLevico due signori dell’ecomuseo del Vanoi hanno lavorato delle ceste di vimini. “Proponiamo dei corsi estivi e invernali, come quello di filatura delle ceste, che è un laboratorio più invernale”, spiega Nicole, coordinatrice dell’ecomuseo, che porta avanti anche attività con le scuole e gestisce la casa dell’ecomuseo, aperta tutto l’anno, ed altri siti aperti nella stagione estiva: tra questi c’è la casa del sentiero etnografico, con una collezione della “voce delle cose”, “oggetti antichi che cataloghiamo e conserviamo”, dice Nicole. “Poi abbiamo due baite che affittiamo per turismo e poi abbiamo tutta una serie di anelli escursionistici che sono all’interno del sentiero etnografico, di proprietà del Parco di Paneveggio, ma che gestiamo noi. Ci sono anche quattro anelli tematici, come l’anello dei pradi, che racconta la storia dell’economia di sussistenza legato allo sfalcio dell’erba”.

È arrivata da un maso di Volano Fabiana, che ha presentato i prodotti del suo “FabiLab”. “Avendo i bambini piccoli a casa, ho iniziato a cucire oggetti e abbigliamento per bambini”, spiega. “In un secondo momento mi sono appassionata e ho allargato con prodotti che vanno a eliminare l’usa e getta a casa: per esempio porta-ciotola, tovaglioli, jeans, borse grembiuli”. Fabiana a iniziato a lavorare anche la lana: oggi tra i suoi prodotti preferiti ci sono cappellini e maglioni che prepara per l’inverno.
