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Ortaggi insoliti nell’orto e in cucina

Ricapitoliamo cosa abbiamo imparato nell'incontro in cui abbiamo presentato il libro "Ortaggi insoliti" a cura di Matteo Cereda e Sara Petrucci, con la partecipazione di Alice Savorelli.

Si è svolto lo scorso 18 dicembre l’incontro “Ortaggi insoliti. Coltivare e cucinare ortaggi e frutti dimenticati o esotici, adatti al nostro clima e ad alto valore nutrizionale” che vi abbiamo proposto con la collaborazione di Terranuova edizioni e L’Ortazzo. Hanno partecipato Matteo Cereda e Sara Petrucci, autori di “Ortaggi insoliti” e Alice Savorelli, esperta di cucina botanica ed autrice di alcuni titoli per Terranuova Edizioni come “Radici e tuberi in cucina”.

La serata è stata strutturata in due parti: dopo la presentazione da parte di Cereda e Petrucci di alcuni esempi di “ortaggi insoliti” e sulle indicazioni riguardo alla loro coltivazione, Savorelli ha concluso spiegandoci come sfruttarli al meglio in cucina.

Cereda ci ha spiegato che il libro “Ortaggi insoliti” è nato dalla domanda: perché si coltiva un orto? Le risposte comprendono la volontà di autoproduzione per mangiare cibo sano e fresco e il risparmio, ma una motivazione forte da non dimenticare è il gusto e la passione derivanti dalla coltivazione. L’orto permette di riconnettersi con la natura in maniera concreta, attraverso pazienza e costanza. Tuttavia, è inevitabile il rischio di perdere la meraviglia e la soddisfazione di questo impegno a causa dell’abitudine. Un modo per rompere la routine – propone Cereda- è provare qualcosa di nuovo, e proprio da qui scaturisce l’idea di proporre quegli ortaggi non facilmente reperibili sui classici manuali di orticoltura. Gli autori scelgono comunque coltivazioni fattibili, infatti il libro vuole essere facile e pratico, più di consultazione che teorico. Sono state selezionate una trentina di coltivazioni, dalle erbe aromatiche alle piante spontanee commestibili fino ai frutti, tutti adattabili al nostro clima.

Petrucci sottolinea come al di là della funzione di mantenere la nostra passione, l’inserimento di queste colture nel nostro orto permetta di favorirne la biodiversità. I manuali di orto suggeriscono rotazioni, consociazioni, l’inserimento di erbe aromatiche ed officinali, di fioriture annuali per attirare le api: già così si favorisce la biodiversità ma un ulteriore modo per incrementarla è coltivare sementi insolite. Infine, e non da meno, possiamo in questo modo ampliare la nostra cultura culinaria

Gli “ortaggi insoliti” presenti nel libro comprendono sia quelli autoctoni ma caduti nel dimenticatoio come la pastinaca, superata da patate e carote, e la cicerchia, al posto della quale ci siamo abituati a preferire altri legumi sia alcune specie esotiche. Gli autori si premurano di farci notare che le due coltivazioni non sono in contraddizione tra loro. Nell’orto possono benissimo convivere specie autoctone ed esotiche, soprattutto considerando come il nostro clima sta cambiando. Oggi possiamo permetterci di coltivare nel nostro orto lo zenzero, prima impraticabile, ed evitare dunque di consumare quello di importazione. Infine, gli autori hanno cercato di inserire nel libro alcune specie conosciute come commestibili, ma della cui pianta si sa molto poco come liquirizia ed arachidi.

Alcuni esempi di ortaggi insoliti

Durante la serata, Cereda e Petrucci hanno scelto di presentare 4 specie, delle quali Savorelli ha poi consigliato i migliori modi per servirle.

Si inizia dagli agretti (Salsola soda, nota come barba di frate). Questa specie fa parte della famiglia delle Chenopiodiacee, quindi è parente di biete e spinaci. Si coltivano in modo semplice e possono svolgere la funzione di “tappabuchi” negli orti, avendo una vita breve. I semi piccoli si prestano alla semina a spaglio, a patto che il terreno sia soffice e trattato finemente. Gli agretti sono molto adatti per la coltivazione fuori terra, in vaso o in cassoni.  Il periodo ideale in cui piantarli è la primavera.

Solitamente gli agretti si presentano bolliti o al vapore conditi con limone, sale ed olio. Tuttavia, essendo verdure a foglie verdi, si prestano allo stesso utilizzo degli spinaci. Possono essere bolliti e scottati in padella con zenzero o peperoncino per insaporirli e utilizzarli come condimento per una pasta (anche tritandoli). Gli agretti possono addirittura essere cucinati nella stessa acqua della pasta, scolati insieme possono poi essere conditi con un soffritto di aglio olio e peperoncino o con un sugo al pomodoro.

Agretti. Foto di gate74 da Pixabay 

Scorzonera e scorzobianca (Scorzonera hispanica e Tragopogon porrifolius) appartengono alla famiglia delle Composite, assieme a molti altri ortaggi come lattughe, cicorie, topinambur, carciofi.  Si tratta di due specie diverse ma assimilabili dal punto di vista della modalità di coltivazione e di consumazione. La parte commestibile di entrambe à la lunga radice, che necessita di un terreno di medio impasto e fertile. La tecnica più indicata per la semina è quella a file, da tenere distanti circa 30 cm, più o meno come per le carote. Entrambe le specie si seminano a partire dall’inizio della primavera, escludendo la stagione più calda.

Scorzonera e scorzobianca sono da consumare preferibilmente lesse o bollite, per poi eventualmente essere saltati in padella. In alternativa, possono essere sbollentate a listarelle, poi passate in farina o in pastella e fritte. Savorelli consiglia di non consumarle crude dal momento che non sono molto tenere.

Scorzonera. Immagine da Google Immagini-creative commons.

Gli autori proseguono presentandoci il Pak-choi (Brassica rapa spp. Chinensis detto cavolo sedano). Si tratta di un ortaggio diffuso nella cucina giapponese e cinese. Il suo aspetto ricorda la bietola costa, si tratta di un ortaggio a foglia con costoni chiari e foglie compatte a cespo, ma il verde delle foglie è molto più chiaro, e il profumo e sapore ricordano nettamente più un cavolo. Fa parte della famiglia delle Brassicacee o Crucifere, appunto come cavoli e ravanelli.

È adattissimo agli orti piccoli: mentre cavolfiori e broccoli occupano molto posto, il pak-choi può essere consumato per intero e si può piantare a una distanza molto inferiore, a 40 cm di distanza, permette quindi di ottimizzare gli spazi.  La pianta non presenta esigenze vincolanti e si rivela piuttosto adattabile, sia per quanto riguarda il clima, sia per il terreno, anche se, come è caratteristico dei cavoli, preferisce un pH del suolo neutro o leggermente alcalino. Possiamo coltivarlo tutto l’anno, escluso il pieno inverno e raccoglierlo nel giro di 2 mesi circa grazie al suo ciclo breve. L’unica accortezza da non dimenticare è con il caldo il pak-choi va precocemente a seme, problema che si risolve ad esempio piantandolo in estate per raccoglierlo in autunno. Richiede la stessa irrigazione dei cavoli e un terreno con buona concimazione organica.

La tradizione orientale prevede di condirlo con aromi piccanti come zenzero, olio di sesamo, peperoncino. Per mantenerne le proprietà nutritive, Savorelli consiglia di servirlo croccante attraverso una cottura in padella. Ha un gusto delicato rispetto al cavolo, quindi può essere utilizzato anche assieme ad altre verdure in zuppe e stufati con cereali e legumi.

Pak-choi. Foto di MetsikGarden da Pixabay 

Infine, è stata presentata la pastinaca (Pastinaca sativa), ortaggio oggi considerato insolito ma che era un elemento cardine in tutta la cucina europea prima del 1500. Quando poi sono arrivate le patate dall’America, di più facile conservazione e più produttive, la pastinaca è stata rimpiazzata. Pianta molto simile alla carota, appartiene alla famiglia delle ombrellifere, proprio come la carota, quindi, forma una caratteristica radice centrale a fittone, che è la parte per cui viene coltivata, mentre la sua parte aerea è un ciuffo di foglie. La pastinaca ha un ciclo colturale molto lungo: la semina preferibile avviene verso aprile/maggio, nel giro di 5 mesi la radice si è ben sviluppata e potrà essere raccolta verso la fine dell’anno. È una pianta che non teme il freddo, quindi se non vogliamo consumarla immediatamente possiamo anche lasciarla in terra per tutto l’inverno. Il sapore è paragonabile a quello della batata (patata dolce), tra la carota, il sedano rapa e il sedano. Per arricchire le nostre insalate, la pastinaca può essere aggiunta cruda oppure marinata in succo di limone o aceto per un paio di giorni in frigorifero. La pastinaca può essere cotta nelle stesse modalità con cui si trattano le patate: al forno con erbe aromatiche, in padella in tocchetti consistenti, fritta come si usa nei paesi del Nord, gratinata in forno con besciamella e pangrattato, magari in abbinamento con altre verdure. Se cotta a vapore o bollita, una volta frullata, può essere un’ottima base per impasti di torte, plum cake e preparazioni dolci e salate da forno.

Pastinaca. Foto di wal_172619 da Pixabay 

Alice Savorelli ha concluso l’incontro presentandoci alcune sfiziose ricette per topinambur e patata dolce. Il topinambur è un tubero dal sapore simile al carciofo, si può consumare sia crudo, sottile, o in padella con olio e aglio. Una ricetta che si suggerisce l’autrice è un ragù vegetale ideale per delle lasagne vegetariane a base di topinambur, che si prepara a partire da un soffritto classico con cipolla e carota e si arricchisce con una proteina vegetale come tofu o seitan. Anche il topinambur si può trattare come le patate, anche se la sua scarsa uniformità rende difficile tagliarlo a pezzi regolari per cuocerlo al forno. Non si consiglia di consumarlo lessato o bollito a meno che non se ne voglia fare un purè o una vellutata con patate o sedano rapa.

Anche per quanto riguarda le patate dolci non siamo ancora abituati a servirle sulle nostre tavole, ma sono diffuse nella cucina del nord e anglosassone. Savorelli consiglia di cuocerle intere e poi farcirle nella metà con altre verdure; si possono bollire e con la polpa farne sformati e impasti di dolci come il plum cake. Buone al forno tagliate a bastoncini e condite piccanti, ma possono essere servite anche con un condimento dolce fatto di zucchero, vaniglia, cannella noce moscata per presentare delle innovative chips dolci.

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