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Da Setàp a comun’Orto, il trekking di Rovereto

In ogni ManifestAzione è stato organizzato un trekking solidale per conoscere le realtà locali. Abbiamo preso carta e penna per raccontarvelo.

I partecipanti al trekking visitano il campo di gelsi a Rovereto/Foto di Paulo Lima e Lilia Stamati

Tappa 1: a Setàp per scoprire l’antica arte della gelsibachicoltura

Non molto distante dalla statale che da Trento porta a Rovereto, in via Pasqui, sta crescendo un luogo in cui si coltiva la biodiversità umana e naturale. È partito proprio da qui, da Setàp, il trekking solidale organizzato da Laura Andreolli in occasione della manifestAzione Fa’ la cosa giusta! di domenica 3 ottobre a Rovereto. 

Una parte di Setàp è dedicata alla gelsibachicoltura, un’attività che caratterizzava la Rovereto del Seicento e del Settecento. Non per niente la città della Quercia è anche conosciuta come “città della seta”. 

Tommaso Manfrini, una delle nostre guide, ci mostra le piantine di gelso che, da aprile, stanno crescendo nell’area dell’Orto San Marco, per anni inutilizzata. “Il gelso è un’antica coltivazione della Vallagarina che veniva usata per alimentare il baco, da cui poi si otteneva il filo di seta a uso tessile”, racconta. “Dal prossimo anno, a Setàp alleveremo il baco da seta, come si faceva ormai molti anni fa. Lo utilizzeremo, almeno inizialmente, a scopo sperimentale, per ottenere del biomateriale dal quale i laboratori di ingegneria industriale dell’Università di Trento estrarranno la fibroina, una delle due proteine principali di questo filo. La fibroina viene usata in ambito medico per ricostruire i tessuti e delle parti di osso e dei tendini”. 

Tommaso ci spiega anche che in gelsibachicoltura si ragiona sulle ventimila larve alla volta, come se fosse una sorta di “unità di misura” di quest’antica arte legata alla città di Rovereto. Il baco da seta si sviluppa in trenta giorni, ai quali si aggiunge poi un periodo in cui la larva tesse il filo di seta per proteggersi e per potersi trasformare prima in crisalide e poi in farfalla. 

Michela Luisa, educatrice ambientale, ci spiega invece un altro progetto racchiuso in Setàp: l’orto circolare. Quest’anno si è puntato tanto su diverse varietà di insalata, ma dall’anno prossimo ci saranno diversi ortaggi. “Vorrei far capire, anche visivamente, come forme e colori siano in realtà assolutamente naturali, come la biodiversità sia una ricchezza”, spiega l’educatrice ambientale. 

Dove si potranno acquistare le verdure dell’orto? A breve sarà allestito un punto vendita all’ingresso dell’Orto San Marco. Si potranno comprare però anche sul sito di Mangio Trentino di Tommaso Manfrini (titolare dell’azienda agricola Lagarina), che ogni venerdì consegna a casa le bioceste composte da prodotti locali. 

Non solo orto e gelseto. A Setàp c’è anche una coltivazione di meli antichi. “Il campo era abbandonato da decenni, però sopravvivevano ancora varie piante da frutto, tra cui soprattutto meli”, spiega Tommaso. “Abbiamo deciso di conservare tutte queste piante anche per la curiosità di vedere di che varietà fossero”. È nata così la collaborazione con un giovane pommelier roveretano, Marco, che è anche esperto di sidro, una bevanda molto conosciuta al di là delle Alpi ma ancora poco nota nel Sud Europa. 
La biodiversità coltivata è anche umana, come ci racconta alla fine della nostra visita Giulia Pizzini dell’associazione H2O+, che si occupa della progettazione di Setàp. Un’area dell’Orto San Marco, infatti, è aperta alla comunità, e mette in rete varie realtà: il Comune di Rovereto, l’Apt, il Museo Civico, l’Università di Trento, la Cooperativa Amalia Guardini, l’associazione Girella, Uepe (Ufficio per l’esecuzione penale esterna) e le scuole roveretane.

Tappa 2: gli assaggi e i “manufatti” dei ragazzi della Cooperativa Amalia Guardini

Poco distante da Setàp, affrettiamo il passo per raggiungere la Cooperativa Amalia Guardini, che si trova in via Pasqui 63. Ci accoglie la coordinatrice, Martina Brugnaro, che ci racconta la collaborazione che questa realtà che si occupa di persone con disabilità cognitive medio-lievi ha instaurato con Setàp. “Seguiamo il progetto dell’orto e la vendita della cassetta di Setàp, che abbiamo in cooperativa: in questo modo i nostri ragazzi sperimentano l’attività di vendita e il rapporto con il cliente”, spiega Martina. “Il nostro obiettivo, infatti, è sempre quello di raggiungere l’inclusione delle persone con disabilità all’interno della società: oltre a organizzare dei laboratori di oggettistica e di assemblaggio, quindi, cerchiamo di collaborare tanto con altre realtà per far uscire i ragazzi dalla cooperativa”. Una “prova” della creatività dei ragazzi della Cooperativa Amalia Guardini è il gadget – un portachiavi – che ci viene donato in seguito, quando assaggiamo anche pane con confetture di frutta e miele del Baldo e succo di mela.

Non solo gelsi e ortaggi, tanti altri progetti per la Cooperativa Guardini/Foto di Paulo Lima e Lilia Stamati

Tappa 3: Le Vaneze, dove trecento galline razzolano “libere e felici”

Lucia Villa ha aperto la sua azienda agricola, Le Vaneze, nel 2016, unendo l’attività di orticoltura con la coltivazione di erbe aromatiche e l’allevamento di galline. Arriviamo nella sua proprietà percorrendo una stradina in salita, via Monte Sant’Ilario. Prima di vedere le galline che razzolano “libere e felici”, però, incontriamo Gianluca, che da circa sette anni si dedica all’attività di apicoltore all’interno de Le Vaneze. “Per produrre un solo chilo di miele le api fanno un lavoro incredibile”, ci spiega l’apicoltore. “Infatti, devono raccogliere due chili di nettare, compiere circa 60mila voli e visitare 50milioni di fiori”.

Poco più in là c’è il pollaio. “Siamo qui tutte le mattine”, racconta Lucia Villa. “Verso mezzogiorno, poi, le galline depongono le uova”. I pericoli però sono letteralmente “dietro l’angolo” perché, a due passi di lì, c’è il bosco, dove ci sono anche le faine e le volpi che qualche volta “visitano” il pollaio. 

Le galline sono quasi trecento, divise per età e per colore: ce ne sono di rosse, di nere e di bianche. “Quelle nere, dall’alto, sembrano dei corvi: così i corvi ‘veri e propri’, anziché planare e mangiarle, le lasciano stare”, racconta Lucia. 

Saliamo ancora più in alto il monte per un momento di degustazione con tè di Lippia, miele, pane fatto in casa, brodo di gallina e quelle che in dialetto trentino vengono chiamate “fortaie”. I prodotti de Le Vaneze si possono trovare al mercato del martedì di via Negrelli, il giovedì in Largo Vittime delle Foibe e il sabato, in occasione del mercato biologico, in Piazza delle Erbe.

Una delle produzioni della Azienda agricola Le Vaneze: le uova biologiche/Foto di Lilia Stamati

Tappa 4: E infine uscimmo… A veder comun’Orto

È sempre una salita quella che ci porta all’orto Gandhi, nel quartiere Brione, che dal 2016 ospita il progetto comun’Orto. Ci accoglie Carmen Gonzales, una dei referenti dell’orto, che ha visto crescere e cambiare negli anni. 

Il Brione è un quartiere molto vissuto, con attività ed eventi per tutti: bambini, anziani e persone straniere”, racconta Carmen. 

Comun’Orto nasce con un obiettivo, oltre a quello di fare comunità: permettere ai richiedenti asilo di acquisire i prerequisiti lavorativi e di “immergersi” nel verde e nella cultura di Rovereto. Negli ultimi anni, però, le politiche sull’immigrazione in Provincia di Trento sono cambiate, e con loro è mutata anche la “destinazione” di comun’Orto, che attualmente lavora tanto con le scuole e con le università, in particolare quella di Bolzano. 

Il Covid-19 ha rappresentato quasi un’occasione per comun’Orto. “Sono emersi dei gruppi che si sono organizzati e che gestiscono ciascuno una parte diversa dell’orto”, spiega la referente. “Comun’Orto dà quindi tanta autonomia alle persone che lo frequentano, ma punta anche sugli spazi comuni, dove si può creare comunità”. 

Cosa bolle in pentola? Assieme alle altre realtà che fanno parte della Foresta, un’associazione che ha preso piede nell’edificio della stazione dei treni, comun’Orto sta pensando a un percorso per le mamme e per le donne incinta all’interno dell’orto, che è concesso dal comune in comodato d’uso gratuito. 

Un orto da condividere con la possibilità di conoscere altre persone/Foto di Lilia Stamati

Come nascono i trekking solidali?

Per tutto il tragitto, la nostra guida è Laura Andreolli, che ha scovato le realtà che siamo andati a visitare. È sua l’idea dei trekking solidali, che hanno preceduto anche le manifestAzioni Cles, Brentonico e Bosentino. “L’idea dei trekking aleggiava nell’aria già da qualche anno, ma non era mai andata a buon fine”, racconta. 

Laura aveva proposto alcune Camminate del Benessere l’anno scorso, in occasione della fiera Fa’ la Cosa Giusta, che però era stata cancellata a causa del Covid. Con le manifestAzioni, è tornata anche l’idea – e la possibilità – di organizzare il trekking. “Cercavamo qualche realtà che non fosse collegata solamente al mondo del biologico, ma avesse anche una dimensione sociale”, spiega. “Qualche settimana prima della manifestAzione, quindi, contattavo le realtà, chiedevo se fossero interessate e andavo a visitarle. Non è semplice trovare qualcuno che ti apra letteralmente le porte di casa sua: nel corso dei trekking, infatti, siamo andati a visitare in loco tutte queste realtà, alcune delle quali sono anche a conduzione familiare”. 

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