L’ok della Camera alla tutela dell’agricoltura biologica
Oggi, mercoledì 9 febbraio, la Camera ha approvato il disegno di legge sulla tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico. Resta fuori dal disegno di legge l’agricoltura biodinamica, che ha destato non poche perplessità.

“Con quasi due italiani su tre (64%) che mettono prodotti bio nel carrello occorre difendere produttori e consumatori e garantire la trasparenza degli acquisti approvando subito la legge nazionale sul biologico”, scriveva solo lunedì FederBio, la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica, assieme a Coldiretti, Codacons, Legambiente e Slow Food.
E oggi, mercoledì 9 febbraio, c’è stato il via libera unanime della Camera alla proposta di legge sulla tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico.
Un testo approvato con 421 voti a favore e nessun contrario, che adesso torna in Senato. E, soprattutto, che non menziona l’agricoltura biodinamica, che ha scatenato reazioni opposte all’interno della comunità scientifica. Due emendamenti identici di Riccardo Magi di Più Europa e della commissione, infatti, hanno eliminato l’equiparazione dell’agricoltura biodinamica a quella biologica che appariva nell’articolo 1 del testo precedente.
Si erano opposti contro la tutela del mondo biodinamico il Nobel Giorgio Parisi e la senatrice a vita Elena Cattaneo. “Sono favorevole all’agricoltura biologica, ma la biodinamica è un’altra cosa – sottolineava Parisi durante un intervento in aula – inserirla nella legge che regola il settore ha due significati negativi. Il primo culturale, l’altro economico”.
Culturalmente infatti, secondo Parisi, equiparando l’agricoltura biodinamica a quella biologica “il Parlamento afferma la validità di metodi previsti da Steiner come l’uso di letame maturato nelle corna di vacca, oppure fiori di Achillea sepolti per mesi nella vescica di cervo maschio”.
Un altro punto rilevato dal Nobel è che il marchio “Biodinamica” “è di proprietà di una società multinazionale con fine di lucro, la Demeter Int., che con il riconoscimento legislativo acquisisce un vantaggio competitivo rilevante rispetto ai tanti agricoltori che con serietà, onesta e sacrificio si sforzano di rispettare i disciplinari dell’agricoltura biologica”.
Mentre il mondo del biologico conta circa 80mila aziende agricole, sono invece 4.500 le aziende agricole biodinamiche. L’approvazione alla Camera della proposta di legge che tutela la produzione agricola biologica arriva in un momento in cui l’Unione Europea, attraverso il Green Deal, chiede che il biologico copra almeno il 25 per cento della superficie agricola europea. “Pochi sanno che l’Italia è uno dei primi Paesi in Europa per estensione di superficie coltivata con il 15 per cento – aveva detto Maria Grazia Mammuccini, imprenditrice biologica e presidente di Federbio, a “Lifegate” – quasi il doppio della media europea che è all’8 per cento”.
“Con 70mila produttori l’Italia è leader in Europa per numero di imprese impegnate nel biologico e va dunque sostenuto – aggiungevano Coldiretti, Codacons, Federbio, Legambiente e Slow Food nel comunicato stampa diffuso lunedì 7 febbraio – un settore con ampie opportunità di crescita economica e occupazionale”.
Secondo i dati di Biobank, nell’ultimo decennio le vendite bio totali sono più che raddoppiate (+122%): nel 2021 gli acquisti di prodotti bio “made in Italy” hanno sfiorato il record di 7,5 miliardi di euro di valore. “Il successo nel carrello – proseguono le associazioni – sostiene l’aumento della produzione nazionale su 2 milioni di ettari di terreno coltivati, fornendo una spinta al raggiungimento degli obiettivi della strategia Farm to Fork del New Green Deal dell’Unione Europea che punta ad avere almeno 1 campo su 4 (25%) dedicato al bio”.
L’atteso disegno di legge prevede, tra le altre cose, l’introduzione di un marchio per contrassegnare come cento per cento “made in Italy” solo i prodotti biologici ottenuti da materia prima nazionale e l’impiego di piattaforme digitali per garantire un’informazione completa sulla provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti.